Il negligente, Brunswick, 1760

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di Filiberto.
 
 FILIBERTO e LISAURA
 
 FILIBERTO
 Possibile che un giorno
 non possa star senza pensare a niente?
 Con questo tutto il dì rompersi il capo,
 figlia troppo crudele,
5mi farete morir; voi lo sapete,
 io bramo la mia pace,
 faticare, pensar, m’anoia e spiace.
 LISAURA
 Ah caro padre, come mai potete
 goder la vostra pace
10con una lite intorno
 che se noi la perdiamo
 miserabili affatto oggi restiamo?
 FILIBERTO
 E ci ho da pensar io?
 Vi pensa il mio causidico,
15egli sa il suo mestiere;
 io lo pago e non voglio altro pensiere.
 LISAURA
 Quant’è che a ritrovarlo non andate?
 FILIBERTO
 Stamattina v’andai.
 LISAURA
                                       Lodato il cielo.
 Gli parlaste? Che ha detto?
 FILIBERTO
20Era uscito di casa.
 LISAURA
 Non la finite mai d’uscir da letto.
 Mai ben le cose vostre andar non ponno.
 FILIBERTO
 Oh che dolce dormir quando s’ha sonno!
 LISAURA
 Ho a dirvi un’altra cosa.
 FILIBERTO
25Oimè! Non m’annoiate.
 LISAURA
 Un’altra cosa sola,
 se mi date licenza,
 vi dico e me ne vado.
 FILIBERTO
                                         Oh che pazienza!
 LISAURA
 Io cresco nell’età. Son figlia sola.
30Voi siete un po’ avvanzato
 ed ancor non pensate a darmi stato.
 FILIBERTO
 Oh ci è tempo, ci è tempo,
 ci penseremo.
 LISAURA
                             (A far lo stato mio,
 se non ci pensa lui, ci penso io). (Parte)
 
 SCENA II
 
 FILIBERTO, poi PORPORINA
 
 FILIBERTO
35Non basta il grande impaccio
 di far nascer le figlie ed allevarle,
 pensar anche bisogna a maritarle.
 PORPORINA
 Serva, signor padrone.
 FILIBERTO
                                            Oh Porporina,
 come stiamo in cucina?
 PORPORINA
                                              Ho un’ambasciata
40di premura da farvi.
 FILIBERTO
                                        Io non ho voglia
 di sentir ambasciate,
 me la farai stasera.
 PORPORINA
                                      Oh non ci è tempo
 da perdere, signor. Sentite...
 FILIBERTO
                                                      Oibò.
 Che noia!
 PORPORINA
                     Ha qui mandato
45il causidico vostro...
 FILIBERTO
                                       Oh nome odioso!
 PORPORINA
 A dir che tostamente,
 anzi subitamente,
 vi portiate a palazzo.
 FILIBERTO
 Eh io non son sì pazzo.
50Non mi vo’ scomodare.
 PORPORINA
                                             Vi fa sapere
 esser la vostra causa in spedizione.
 FILIBERTO
 Oh che bella ragione!
 Si spedisca, la nuova aspetterò.
 PORPORINA
 Vi vorrà del denar.
 FILIBERTO
                                     Ne manderò.
55Senti, ho un po’ d’appetito,
 fammi una piatanzina,
 cara mia Porporina.
 PORPORINA
 Ma spicciatevi prima il palazzista.
 O vestitevi e andate
60o almen qualche risposta a lui mandate.
 FILIBERTO
 Ehi Pasquino.
 
 SCENA III
 
 PASQUINO e detti
 
 PASQUINO
                             Signor.
 FILIBERTO
                                             Vien qui.
 PASQUINO
                                                                 Non posso.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Fo colazione.
 FILIBERTO
 (Poverino, ha ragione).
 Finisci e poi verrai.
 PORPORINA
65(Un più sciocco padron non vidi mai).
 FILIBERTO
 Bisogna compatir la servitù.
 Tutto il dì s’affatica
 e vuol la carità
 che un’ora gli si dia di libertà.
 PASQUINO
70Eccomi. Ho fatto presto?
 FILIBERTO
 Cancaro! Tu sei lesto.
 Senti, andar dovrai...
 Dove ha detto? (A Porporina)
 PORPORINA
                                A palazzo.
 FILIBERTO
 Andrai a palazzo,
75cercherai conto di messer Imbroglio.
 Portagli questa borsa.
 Digli che si ricordi
 di sostener il punto di ragione,
 ch’io son chiamato alla sostituzione;
80digli che il testamento parla chiaro,
 che il testamento io l’ho
 e che, quando bisogni, il cercherò.
 Digli...
 PASQUINO
                Basta, ih ih, che diavol fate?
 Tante cose in un fiato?
85Voi m’avete imbrogliato.
 FILIBERTO
 Te lo tornerò a dir. Oh che fatica!
 Andrai a palazzo.
 PASQUINO
                                  Bene.
 FILIBERTO
                                               Vedrai
 messer Imbroglio.
 PASQUINO
                                     Sì.
 FILIBERTO
                                             E gli darai
 questa borsa.
 PASQUINO
                            Fin qua me ne ricordo.
90E poi?
 FILIBERTO
                E poi che il testamento io l’ho,
 che non l’ho ancor trovato;
 ma ch’io sono chiamato
 alla sostituzione
 e che sostenga ben la mia ragione.
 PASQUINO
95Caro signor padron, fatemi grazia.
 Quella prostituzion cosa vuol dire?
 FILIBERTO
 Sostituzione ho detto.
 PASQUINO
 Ma se poi tutto tutto
 quel non dicessi che diceste voi?
 FILIBERTO
100Oh son stanco, di’ tu che diavol vuoi.
 
    Già te l’ho detto
 cos’hai da fare,
 non mi stancare,
 non m’annoiar.
 
105   Via Porporina,
 vanne in cucina,
 la piatanzina
 vammi tu a far.
 
    L’ho detto chiaro,
110tu m’hai capito. (A Pasquino)
 Oh che appetito! (A Porporina)
 Cara, non farmi
 tanto aspettar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 PASQUINO e PORPORINA
 
 PASQUINO
 Che mi venga la rabbia,
115se mi ricordo più cosa m’ha detto.
 Basta, a palazzo andrò;
 qualche cosa dirò. (Vuol partire)
 PORPORINA
                                     Ehi, ehi, Pasquino!
 PASQUINO
 Porporina, che vuoi?
 PORPORINA
                                         Così tu parti,
 senza darmi un addio?
120Più bene non mi vuoi, Pasquino mio?
 PASQUINO
 Se ti vo’ bene! E come!
 Ma per non mi scordar la mia lezione
 io me ne vado a dir a ser Imbroglio
 del testamento e la prostituzione.
 PORPORINA
125Vorrei ti ricordassi
 della tua Porporina.
 PASQUINO
 La sera e la mattina,
 quando io mi levo e quando vado a letto
 penso sempre, mia cara, a quel visetto.
 PORPORINA
130Eh tu burli, lo so.
 PASQUINO
                                  No ch’io non burlo,
 te lo dico di core.
 PORPORINA
                                  Eh furbacchiotto,
 mi vorresti far giù.
 PASQUINO
                                      Per te son cotto.
 PORPORINA
 Via, via, vanne Pasquino,
 la cosa preme assai.
135Vanne e ritornerai poscia da me.
 PASQUINO
 Se premesse al padron, v’andria da sé.
 PORPORINA
 Sai la sua negligenza.
 PASQUINO
 Vado... Ma dove? Oh bella!
 Non mi ricordo più dov’abbia a andare.
 PORPORINA
140A palazzo.
 PASQUINO
                      La borsa l’ho da dare...
 A chi?
 PORPORINA
               A messer Imbroglio.
 PASQUINO
 Messer Imbroglio amato,
 stavolta più di voi sono imbrogliato.
 
    Ho da dir che il testamento...
145Ho da dir... Non ne so più.
 Porporina, dilo tu...
 Zitto, zitto, l’ho trovata.
 Ho da dir ch’è la ragione
 della sua prostituzione
150che si deve sostener.
 
    Gran memoria tengo io!
 Ho da dir che il padron mio
 l’ha cercato, l’ha trovato...
 Sì, va bene, lo dirò. (Parte)
 
 SCENA V
 
 PORPORINA, poi DORINDO
 
 PORPORINA
155Io mi vo’ maritar. Pasquino, è vero,
 è un poco sempliciotto; ma talvolta
 un mezzo scimunito
 suol esser per la donna un buon marito.
 DORINDO
 Quella giovine bella.
 PORPORINA
                                        Oh mio padrone,
160chi dimanda?
 DORINDO
                             Trovai la porta aperta.
 L’ardir mio condonate.
 PORPORINA
 Quando trovate aperta e voi entrate.
 DORINDO
 Il signor Filiberto
 è in casa?
 PORPORINA
                     È in casa.
 DORINDO
                                         Si potria vedere?
 PORPORINA
165Se avete da parlar di qualche affare
 difficile sarà.
 DORINDO
 Per dir la verità,
 so che siete una giovine prudente,
 di veder lui non me n’importa niente.
170Lisaura bramerei...
 PORPORINA
                                      Ah, ah, v’ho inteso.
 Garbato signorino,
 non cercate Marforio ma Pasquino.
 DORINDO
 A voi mi raccomando.
 Permettete ch’io possa
175dirle almen due parole.
 PORPORINA
 No no, non posso.
 DORINDO
 Ma perché non potete?
 Porporina, tenete
 questa piccola borsa
180per capara di quel ch’io vi darò.
 PORPORINA
 Signor no, signor no.
 DORINDO
 Eh via.
 PORPORINA
                 La non s’incomodi.
 DORINDO
 Mi fate torto.
 PORPORINA
                           Non vorrei...
 DORINDO
                                                    Prendete.
 PORPORINA
 Grazie, grazie. Voi siete (Prende la borsa)
185veramente garbato.
 DORINDO
 D’un core innamorato
 movetevi a pietà.
 PORPORINA
 Sentite, andate là,
 Lisaura è sola sola.
190Il padre è negligente
 e alla figlia non pensa niente, niente.
 DORINDO
 Dunque vado.
 PORPORINA
                             Sì andate,
 se onesto siete voi gentil così
 m’adoprerei per voi la notte e il dì.
 
195   Non posso soffrire
 vedervi languire;
 ho un cor troppo tenero,
 vi voglio aiutar.
 
    (Perché non è avaro,
200non prezza il denaro,
 lo vo’ consolar).
 Ho un cor troppo tenero,
 vi voglio aiutar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DORINDO solo
 
 DORINDO
 Dice ben Porporina, dice bene;
205chi vuole esser contento
 vi vuol l’oro e l’argento
 e son senza contanti
 in continuo dolor tutti gli amanti.
 
    Del caro amico il fato
210è il mio crudel tormento,
 oh quanto, oh dio, mi sento
 il core lacerar.
 
    Non vedo in tal momento
 se il tuo dolore o il mio
215esser potria più rio,
 chi più dovrà penar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 Gabinetto.
 
 AURELIA e CORNELIO
 
 AURELIA
 Sì sì, Cornelio mio,
 amami di buon cor che t’amo anch’io.
 CORNELIO
 Circa all’amor, mia cara,
220non v’è niente che dir. Siamo felici,
 tu vuoi bene a me;
 io voglio bene a te. Ma il punto sta
 che tu dote non hai,
 ch’io poderi non ho, non ho mestiere;
225e non vorrei che avesse
 il gusto dell’amor presto a finire
 e ci avessimo poi, cara, a pentire.
 AURELIA
 Per questo è ch’io procuro
 allettar co’ miei vezzi
230il signor Filiberto,
 il quale, incatenato
 da quell’arti che a lui poco son note,
 mi vorrà bene e mi farà la dote.
 CORNELIO
 Io per un’altra strada
235tento la nostra sorte.
 Ti è nota quella lite
 che contro Filiberto
 mossa ha il conte?
 AURELIA
                                    Lo so.
 CORNELIO
                                                 Sappi che siamo
 interessati nella lite in terzo.
240Io per il primo, il conte e ser Imbroglio.
 AURELIA
 Come! Ancor ser Imbroglio?
 Di Filiberto istesso
 il causidico ancora?
 CORNELIO
                                       Sì, ti pare
 cosa strana? È così. Siam tre d’accordo
245per mandarlo in rovina.
 Il conte fa la principal figura;
 Imbroglio al precipizio apre la strada;
 io vo tenendo Filiberto a bada.
 AURELIA
 Dunque si può sperar che vada bene?
 CORNELIO
250Si può sperar ma dubitar conviene.
 AURELIA
 Voi tre tesa gli avete
 una terribil rete.
 Io un altro laccio ho teso,
 dalla rete o dal laccio ei sarà preso.
 CORNELIO
255E noi contenti allora,
 senza che della fame
 v’entri il brutto demonio,
 goderem lietamente il matrimonio.
 
    Bel contento l’esser sposi
260senza aver da sospirar;
 ma poi tutto si scompiglia
 quando grida la famiglia:
 «Pane, pane, mamma mia»;
 oh che brutta sinfonia
265quando pane più non v’è. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 AURELIA, poi FILIBERTO
 
 AURELIA
 O bene o male che sia,
 quando a noialtre donne
 ci vien quest’appetito,
 senza filosofar pigliam marito.
270Ma ecco che sen viene
 il signor Filiberto.
 FILIBERTO
                                    Bene, bene, (Verso la scena)
 si farà, si farà, non mi stancate.
 Oh Aurelia, che fate?
 AURELIA
 Benissimo starei,
275se fossi in grazia sua.
 FILIBERTO
 La mia grazia lo sai che tutta è tua.
 AURELIA
 S’accomodi un pochino.
 Guardate, poverino,
 egli è tutto sudato; (Lo asciuga col fazzoletto)
280si sarà affaticato.
 FILIBERTO
                                  Se lo dico.
 Mi voglion far crepare,
 m’hanno fatto cercare
 una scrittura antica.
 L’ho cercata mezz’ora. Oh che fatica!
 AURELIA
285Eh, signor Filiberto,
 io so che vi vorrebbe
 per sollevarvi da cotanti affanni.
 FILIBERTO
 Sì, mia cara Aurellina,
 dite, che vi vorrebbe?
 AURELIA
                                           Una sposina.
 FILIBERTO
290Dimmi, Aurelia, inclinata
 sei tu pel matrimonio?
 AURELIA
                                             Oh signor no.
 FILIBERTO
 Via, parla schietto.
 AURELIA
 Mi vergogno davvero.
 FILIBERTO
 Qui nessuno ci sente.
 AURELIA
295Quando fosse il marito come voi...
 FILIBERTO
 Tuo marito sarò, se tu mi vuoi.
 AURELIA
 Ma io povera sono e non ho dote.
 FILIBERTO
 Io, io te la farò.
 AURELIA
 E poi... signore... io so
300che graziosa non sono e non son bella.
 FILIBERTO
 Cara, tu agli occhi miei sembri una stella.
 AURELIA
 
    Oimè cos’è questo
 ch’io provo nel core?
 Nemica d’amore
305son stata finor.
 Adesso per voi
 mi sento languir.
 Ma, caro, ma poi
 di me che sarà?
 
310   Son troppo innocente
 nell’arte d’amar.
 Oimè, non vorrei
 lasciarmi ingannar.
 Di me semplicetta,
315di me poveretta
 abbiate pietà. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 FILIBERTO, poi LISAURA
 
 FILIBERTO
 L’ho sempre detto ch’è una buona figlia,
 Aurelia, di buon’indole e talento,
 e di prenderla in moglie io son contento. (Siede)
 LISAURA
320Signor padre, un affar di gran premura
 mi conduce da voi.
 FILIBERTO
 Di grazia andate e tornerete poi.
 LISAURA
 Il cielo mi presenta
 una buona fortuna.
 FILIBERTO
325Me ne rallegro assai.
 LISAURA
                                        Dorindo, il figlio
 di quel ricco mercante,
 mi si è scoperto amante.
 FILIBERTO
 Benissimo, e così?
 LISAURA
                                     Mi brama in moglie.
 FILIBERTO
 Ne parleremo poi.
 LISAURA
330Volea venir da voi
 ma per non annoiarvi ei si trattiene.
 FILIBERTO
 In questo ha fatto bene.
 Io non vo’ seccature.
 LISAURA
 Aspetta la risposta.
 FILIBERTO
                                      Aspetti pure.
 LISAURA
335Dunque, che gli ho da dire?
 FILIBERTO
 Per or se ne può ire;
 ci penseremo, tornerà.
 LISAURA
                                            Ma quando?
 FILIBERTO
 Oh l’è lunga!
 LISAURA
                           Io stessa
 da lui ritornerò.
 FILIBERTO
340Da lui? Signora no.
 LISAURA
 Dunque anderete voi.
 FILIBERTO
 Non posso, non ne ho voglia.
 LISAURA
 La civiltà lo vuole.
 Conosco il dover mio,
345se non ci andate voi ci anderò io.
 
    Ah non son io che parlo,
 è ’l barbaro dolore
 che mi divide il core,
 che delirar mi fa.
 
350   Non cura il ciel tiranno
 l’affanno in cui mi vedo,
 un fulmine gli chiedo
 e un fulmine non ha. (Parte)
 
 SCENA X
 
 FILIBERTO, poi PASQUINO
 
 FILIBERTO
 Cancaro! Dall’amante
355risoluta si porta? Andar conviene.
 Ma se sto tanto bene,
 perché ho da levarmi?
 Eh per ora non voglio incomodarmi.
 PASQUINO
 Son qui, signor padrone.
 FILIBERTO
360Ecco un altro tormento;
 non mi lasciano in pace un sol momento.
 E ben, che cosa ha detto?
 PASQUINO
 Chi?
 FILIBERTO
             Il causidico mio.
 PASQUINO
                                             Non l’ho veduto.
 FILIBERTO
 Perché?
 PASQUINO
                  Perché un po’ tardi
365a palazzo, signor, sono arrivato
 e il causidico già se n’era andato.
 FILIBERTO
 Non importa, stasera
 l’andrai a casa a ritrovar.
 PASQUINO
                                                Signorsì.
 FILIBERTO
 Dammi dunque la borsa.
 PASQUINO
                                                Eccola qui.
 FILIBERTO
370Questi pochi denar son risparmiati.
 PASQUINO
 Li volete contar?
 FILIBERTO
                                 L’ho già contati.
 Li porrò nello scrigno...
 Ma incomodar non mi vorrei. Pasquino,
 tieni le chiavi... No... Fidarsi troppo
375non istà bene. Adesso. Porporina.
 
 SCENA XI
 
 PORPORINA e detti
 
 PORPORINA
 Signor.
 FILIBERTO
                 Il tavolino
 porta e lo scrigno. Aiutale, Pasquino.
 PORPORINA
 Subito. (Pesa poco, è ormai finito).
 PASQUINO
 (Volea darmi le chiavi e si è pentito).
 PORPORINA
380(Chi non si fida merta esser gabbato).
 PASQUINO
 (Di trappolarlo il modo ho già pensato).
 PORPORINA
 Ecco lo scrigno.
 FILIBERTO
                               Tieni, aprilo tosto.
 PORPORINA
 L’ho aperto.
 FILIBERTO
                         Brava.
 PORPORINA
                                        Altro da noi comanda?
 FILIBERTO
 Andate pur; da me mi divertisco.
 PORPORINA
385Serva, signor padron. (Parte)
 PASQUINO
                                           La riverisco.
 FILIBERTO
 
    Scrigno caro, bello bello,
 te ne vai così pian piano
 ed ormai non ve n’è più.
 
 PORPORINA
 
    Ehi signor, siete chiamato.
 
 FILIBERTO
 
390Chi mi vuole?
 
 PORPORINA
 
                             Il palazzista.
 
 FILIBERTO
 
 (Oh che vita, amara e trista!)
 Vada via, ritornerà.
 
 PASQUINO
 
    Ehi, signor, siete cercato.
 
 FILIBERTO
 
 Chi mi brama?
 
 PASQUINO
 
                               È un cavaliere.
 
 FILIBERTO
 
395Vada via, ritornerà.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 (Ed ancor non se ne va?) (Fra loro)
 
    Sì signor, glielo diremo. (Verso la scena)
 
 FILIBERTO
 
 Con chi dite?
 
 A DUE
 
                            Una parola, (A Filiberto)
 una cosa sola sola
400vi vuol dire e se ne va.
 
 FILIBERTO
 
 Oh che pena!
 
 A DUE
 
                            (Se ne va?) (Fra loro)
 
 FILIBERTO
 
 Oh che rabbia. (Parte)
 
 A DUE
 
                               (Se ne va?) (Fra loro come sopra)
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
    Se n’è andato, se n’è andato.
 E lo scrigno è spalancato. (Rubano due borse)
405Prendi, prendi, piglia, piglia.
 Presto, presto, ch’egli è qua. (Torna)
 
 FILIBERTO
 
    Cosa fate?
 
 A DUE
 
                         Niente, niente. (Nascondono le borse e se ne accorge)
 
 FILIBERTO
 
 Cos’è questo?
 
 A DUE
 
                            Nulla, nulla.
 
 FILIBERTO
 
 Vo’ vedere. (Vogliono nascondere sotto il grembiale)
 
 PORPORINA
 
                         A una fanciulla?
 
 FILIBERTO
 
410Vo’ toccare. (In tasca)
 
 PASQUINO
 
                         Ad un zitello?
 
 FILIBERTO
 
 Birboncello, l’ho trovato. (Trova la borsa)
 Disgraziata, m’hai rubato. (Fa lo stesso)
 Presto andate via di qua.
 
 PORPORINA
 
    Io non sono.
 
 PASQUINO
 
                             È stata lei.
 
 FILIBERTO
 
415Sei bugiardo, ardita sei.
 
 PORPORINA, PASQUINO A DUE
 
 Perdonate per pietà.
 
 FILIBERTO
 
 Presto andate via di qua.
 
 Fine dell’atto primo